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Le lesioni vascolari

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Il trattamento con laser e/o luce pulsata delle lesioni vascolari si basa sulla teoria della fototermolisi selettiva. Le grandezze che devono essere prese in considerazione sono:

  • la lunghezza d’onda
  • la durata degli impulsi
  • la fluenza
  • il calibro e la profondità dei vasi

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L’emoglobina è il più importante cromoforo presente nel sangue. A seconda della lunghezza d’onda l’assorbimento da parte dell’emoglobina e di altri cromofori cambia, determinando una diverso effetto sulla cute e sui vasi. Il picco di assorbimento dell’emoglobina a 418 nm non permette, ad esempio, il trattamento di anomalie vascolari del derma profondo a causa della scarsa penetrazione nell’epidermide per l’elevato assorbimento competitivo della melanina. Se infatti è presente più di un cromoforo l’assorbimento dell’energia verrà suddiviso approssimativamente in relazione ai diversi coefficienti di assorbimento a quella determinata lunghezza d’onda. Un cromoforo come la melanina può ostacolare l’assorbimento da parte dell’emoglobina situata nei vasi degli strati tissutali sottostanti, condizionando la scelta della lunghezza d’onda più opportuna in base alla profondità delle strutture vascolari da trattare.

Per quanto appena detto, si capisce quindi il perché le luci pulsate possano essere impiegate solo nel trattamento di lesioni vascolari superficiali e con vasi di piccolo calibro, specialmente in pazienti con fototipo chiaro. L’emissione della sorgente a Dye Laser a 595 nm ha invece un’adeguata penetrazione e selettività sull’ossiemoglobina per il trattamento di lesioni ectasiche a livello dermico (particolarmente indicata per il trattamento dei Port-Wine Stain). La radiazione del laser a Nd:YAG a 1064nm, grazie al suo minore assorbimento, consente invece di trasferire energia anche ai vasi collocati più in profondità (come nelle teleangectasie degli arti inferiori) e con diametri maggiori.

Per quanto riguarda la lunghezza dell’impulso, il parametro di riferimento è il “tempo di rilassamento termico” (TRT) che corrisponde al tempo che un tessuto riscaldato impiega per diffondere verso le zone circostanti il 50% del calore immagazzinato. Ogni tessuto biologico ha un suo proprio specifico TRT che dipende dalle caratteristiche del tessuto e dalle sue dimensioni.

Se la durata dell’impulso laser o di luce pulsata è minore del TRT della struttura bersaglio, l’energia rimane intrappolata all’interno del volume colpito. Utilizzando dosi adeguate, è possibile in questo modo provocare un danno confinato alla regione bersaglio dovuto all’innalzamento della temperatura, mentre i tessuti circostanti subiranno solo un modesto riscaldamento a seguito della successiva diffusione termica. Quando invece il tempo di irraggiamento risulta essere maggiore del TRT, il calore diffonde in modo considerevole verso i tessuti circostanti il bersaglio da colpire.

Nel caso di strutture vascolari bisogna però tenere conto che l’impulso laser deve avere una lunghezza sufficientemente lunga perché il calore possa diffondere dal lume, che contiene i globuli rossi che trasportano l’emoglobina, fino alle pareti del vaso per fare in modo che collidano. Maggiore è il diametro e più lunga dovrebbe essere quindi la durata dell’impulso in modo da coagulare lentamente tutto il vaso.

Risulta evidente che si hanno due esigenze contrastanti da tener presenti nella scelta della lunghezza d’impulso ottimale. Un impulso troppo lungo può danneggiare i tessuti circostanti a causa del calore diffuso; un impulso troppo corto può essere non efficace.

Partendo da queste considerazioni DEKA ha sviluppato una gamma di sistemi che hanno la possibilità di avere un’emissione “multipulsata”. In questo modo è possibile ottenere il riscaldamento e il raffreddamento differenziato delle strutture di interesse in modo da effettuare trattamenti efficaci (che portano quindi alla chiusura del vaso anche se profondo o con diametro maggiore) preservando l’integrità dei tessuti circostanti, in particolare quella della cute. La durata di ogni singolo impulso è più corta del TRT del vaso che si vuole chiudere, ma è lunga in confronto al tempo necessario per il raffreddamento dell’epidermide e dei vasi che hanno un calibro minore e che non devono essere trattati. Dopo il primo impulso l’epidermide e il vaso da trattare raffreddano in modo diverso: più rapidamente la prima e più lentamente il secondo. Il secondo e l’eventuale terzo impulso vengono usati per cumulare un danno selettivo e completo per la struttura bersaglio, mantenendo la temperatura dell’epidermide sempre sotto la soglia di danno termico. In questo modo si ottiene la chiusura del vaso sanguineo senza ledere i tessuti circostanti.

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